Si può lavorare e pensare continuamente al proprio lavoro tanto da trascurare se stessi e i propri affetti? Wayne Edward Oates, medico e psicologo americano, coniò il termine “workaholism” nel 1971 quando si rese conto di aver proposto al figlio di chiedere un appuntamento alla sua segretaria per incontrarsi.
Con il termine “workaholic” viene indicato chi soffre di una dipendenza comportamentale caratterizzata dalla compulsione per il lavoro e da conflitti interpersonali. Una recente review (ottobre 2015) propone una sintesi della letteratura teorica ed empirica sull’argomento. Presenta inoltre i fattori di rischio individuali e socioculturali e le conseguenze negative del workaholism, ad esempio: problemi di depressione, burnout, salute cagionevole, insoddisfazione, problemi in famiglia e nelle relazioni sociali.
In caso di dubbio sulla propria o altrui dipendenza da lavoro, consigliamo due questionari da autosomministrarsi: il BWAS – Bergen Work Addiction Scale (Andreassen et al., 2012) oppure il WART – Work Addiction Risk Test (Robinson, 1989).
Articolo originale: http://goo.gl/e4SVcA
A cura del Dr. Antonello Palmitessa.
Psicologo. Psicoterapeuta Dinamico Breve in formazione presso IAF.